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Maria

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MARIA


La facciata della casa, un tempo rosa cipria, ora offre allo sguardo dei passanti grumi color verde rame e lunghe ragnatele di crepe.
Le teste blu delle ortensie nelle aiuole non contrastano l’ incuria desolante, perché sono in gran parte rinsecchite e perse tra la sterpaglia del giardino una volta ridente al sole.
Don Carlo spinge il cancello di ferro battuto, che apre il muro di cinta e, percorrendo il vialetto chiazzato d'erba, si avvicina all'uscio scolorito. Indugia sotto il balcone, sormontato da piccoli busti di marmo, a cogliere l’atmosfera intorno.
Il suono del campanello a molla si propaga attraverso i muri dell'abitazione . Passa qualche istante e poi la porta ha uno scatto.
- E' permesso, signora Maria ? -la voce del reverendo è più rauca del solito nell'atrio semibuio.
Don Carlo percepisce una risposta flebile provenire dall’interno e, muovendosi a passi svelti lungo il corridoio, raggiunge il salotto buono dove ricorda di essere stato ricevuto ogni volta.
Maria, un’ anziana maestra in pensione, è nella stanza attigua . Avvolta nel tepore dell'ambiente esposto al sole del mattino, si è leggermente assopita cullata dalla poltrona a dondolo.
Ormai adora questo stato di dormi veglia, durante il quale può seguire il filo dei ricordi in un viaggio scivoloso e senza sforzi.
Socchiudendo gli occhi di fronte alla vetrata, che dà sullo specchio di lago, ha rivisto la fiancata della nave color piombo che venne al porto di Brindisi per condurla alle isole dell’Egeo.
L' avevano portata a bordo marinai esperti, lanciando il sacco in cui era imprigionata da un gradino all'altro di una scala lunghissima .
Nel dormiveglia ha sentito l'odore della notte fredda sul mare e la luce abbagliante di Rodi, di Calino : molle trasparenza di acque… e cubi bianchi di case.
Kalimèra ! Kalimèra !
Sole , vento e pietraie. Canestri di uova, arance e fichi. Odore di caffè. Gonne lunghe e nere, denti persi nell’acqua di cisterna. Mosche nelle culle. Occhi timidi e ardenti di figli di commercianti di spugne e pescatori.
Un pezzo di lavagna nera e due gessetti bianchi erano una ricchezza per i bambini di Calino.
Maria aveva portato matite, pastelli e quaderni, mentine e sassolini di zucchero . Gli alunni parlavano un italiano stentato, però sorridevano alla maestra occhi color genziana.
Il regime imponeva un atteggiamento sprezzante, ma lei rideva nella lingua dei suoi Kouroi. C’era tanto affetto in quelle vite ignare di Plutarco.
“Ti nascondiamo noi, signorina, se arrivano i soldati” diceva Kjriakos. Sotto la tenda profughi, a Cipro, avrebbe ripensato più volte a quegli occhi di cielo.
Le colleghe facevano il gruzzolo frequentando gli ufficiali. Lei si concedeva lo spasso di scandalizzare il monakòs, regolando la lunghezza dell’abito quando lo vedeva passare.
Un giorno, nell'isola , una anziana donna greca con un'ampia gonna rossa la chiamò da un sentiero polveroso che, tra le pale di fichi d'India e i cespugli di rosmarino selvatico, conduceva al mare.
Le voleva leggere la mano in cambio di poco denaro.
Maria con lo stridio delle cicale nelle orecchie affrettava il passo per sfuggire alla donna, ma questa le veniva dietro insistente.
- Perìmene, perìmene! , Aspetta, aspetta ! .
Infine la fermò .
Maria si sentì annegare in quegli occhi in cui c'erano il bene e il male di tutte le anime.
-Ti sposerai per dovere - le disse la vecchia – il lago ti farà compagnia , amerai tanti bambini , ma non saranno figli tuoi. Una stella brillerà a lungo per te !
Non l' avevano impressionata le parole dell'indovina: quella bocca affamata, quegli occhi intelligenti e maligni avevano un sol desiderio....
Ma poi , alla sera sotto il cielo stellato, ripensando all'inattesa profezia , si era detta che poteva esserci del vero in ciò che aveva udito : non le riusciva difficile, infatti, immaginare che avrebbe amato tanti bambini dal momento che li amava già.


La camionetta dei soldati americani la riportò a casa più consapevole, dopo la Liberazione .
I fratelli, durante la ritirata dal fronte russo, avevano trovato il suo fidanzato, magro e astenico com'era, mezzo assiderato vicino ad un palo del telegrafo. Loro che erano forti, taurini , con le mani larghe come badili e la grappa nel sangue, le avevano salvato il marito .
Rino aveva perso un occhio e la mano sinistra , ma era vivo.

Figli non ne vennero. Peccato. Avrebbero potuto correre nell' ampio cortile attorno alla casa rosa, tra le ortensie blu e le siepi d’alloro, dietro gli scoiattoli e le galline.
Nell’azienda del padre marmista Rino rincorreva la sua immagine sana.
Lei, sullo specchio del lago- Canal Grande, Senna , fiume Hudson, Rio -, spiava il mondo.
Ascoltava il vociare di luoghi lontani.
Cacciava i silenzi di lui che alla sera posava sul marmo del comò il suo bulbo vitreo e bianco.
Nelle notti d’agosto Maria interrogava le stelle dal pontile. Sotto il manto di neve, in inverno, la chiostra dei monti si faceva più calda e vicina.

- La disturbo, signora Maria ? - La voce del parroco l' ha riportata al presente .
-No , no , sarò da lei tra qualche istante - risponde lentamente la donna da dietro una porta a vetri semi aperta - se ha la bontà di aspettare - e raggiunge il bagno per rinfrescarsi il viso.
- Non sarà venuto per l' estrema unzione, don Carlo!?- ironizza .
- No, signora ! Il buon Dio ha ancora bisogno di lei qui sulla terra!-.
A Maria si inumidiscono gli occhi e intanto, mentre insapona la faccia , sente l'odore di gomme e di matite.
Chiude gli occhi e si vede in classe, seduta alla cattedra .
I banchi sono vuoti . C'è silenzio perché la campanella di mezzogiorno è già suonata, ma lei s'attarda: deve preparare gli esercizi per l'indomani .
Ecco, ha già riempito di mille piccole lettere i fogli dei quaderni che andranno completati dai suoi alunni , ma poi le viene un'idea .
Sì, domani farà descrivere l' itinerario di un viaggio immaginato. In Grecia.
Così potrà parlare dei ragazzi dagli occhi neri che le portavano le arance succose in un'isola dove ha trascorso stagioni trasparenti...
-Sono pronta, don Carlo , con i vecchi ci vuole pazienza, sa? - incespica un po' mentre si avvicina alla poltrona in velluto e si accomoda accanto all'inatteso ospite.
-Vecchia lei? - le pieghe del viso di don Carlo si fanno più spesse - Ma se cammina tutto il giorno come un treno !
- Come una carrozza vecchia e sgangherata, vorrà dire ! - Sorride la maestra in pensione , tirando fuori quel sorriso ancora bello , anche se di denti ingialliti.
Quel sorriso aveva fatto l' invidia degli dei e delle amiche.
Dopo la morte di Rino, c’erano stati sguardi d’intesa e sogni malinconicamente dolci per il suo direttore didattico di Bellano.
Un uomo sensibile, bello ed elegante nelle movenze aeree lasciategli da una forma tubercolare .
Era sposato.


-Ne fa ancora di traduzioni per qualche casa editrice, signora Maria ?
-Ma, don Carlo , ha voglia di scherzare questa mattina ?- si schermisce lei- con la mia retinopatia cosa vuole che traduca ?
- Oh, non faccia sempre la moribonda ! L' edicolante dice che legge libri e giornali come una volta. Ed è un bene ,sa?
- Davvero ? E perché? - Risponde la maestra con aria assente.
- Perché lei dovrà usare i suoi benedetti occhi per compiere una buona azione !
Maria si è incuriosita : - Di che cosa si tratta ? Non mi dica che devo dare lezioni di greco a qualcuno, perché non ricordo una parola !
- No, stia tranquilla ! Deve solo insegnare un po' di italiano a un gruppo di bambini profughi dai Balcani. Ha capito?
- Che scherzi da prete sono questi ?- la maestra si è alzata in piedi, sbattendo le palpebre dietro gli occhiali. La richiesta le sembra sproporzionata, assurda.
- Le piaceranno, vedrà - insiste il prete – Non mi dica niente!

“Una stella brillerà a lungo per te lassù” aveva detto la vecchia greca con l’ampia gonna rossa sulla strada polverosa che portava al mare. A Calino .
E Maria aveva avuto un tuffo al cuore .
Occhi neri e insinuanti le avevano indicato il cammino, occhi patiti e ardenti l' aspettano ancora.
Sono succose le arance che staccano i bambini dalla pianta e i fichi d' India profumano di pesca e di albicocca.
Maria è confusa .Vede il mare e la traversata nella notte fredda. Flutti spumeggianti ed equipaggi muti...
Esita , sprofondando nella poltrona, e si guarda intorno. Pensa che dovrà mettere in ordine la casa e togliere la polvere e i grumi color verde rame dai muri esterni, che nessuno ha più rimosso dopo la morte di Rino.
Sente Don Carlo che saluta e le ritornano in mente gli appelli fatti ogni mattina, per tanti anni.
Si è affacciata al terrazzo che dà verso il lago: c’è una bianca vela immobile sul pelo argenteo dell’acqua. I contorni sfumano in una nebbiolina di fiaba.
Sì, ora lo sa. Cercherà immagini e parole disperse nella memoria, comprerà tanti fogli bianchi dall'edicolante e una scatola nuova di matite colorate.
Preparerà la pita e lo yogurt con i cetrioli .
Strapperà la sterpaglia dal giardino , innaffierà le ortensie e la facciata della sua casa sarà nuovamente rosa...






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